Il primo Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, lanciato sulle pagine del quotidiano parigino "Le Figaro" il 20 febbraio 1909, fu come una violenta esplosione sullo sfondo di un'Italia contadina e analfabeta, un'Italia che, nelle sue componenti intellettuali, era ancora assopita fra i retaggi di una cultura tardoromantica e ottocentesca. Velocità, dinamismo, azione, modernità, il mito della macchina e del progresso, insieme al disprezzo per la tradizione e l'accademismo, sono invece i nuovi valori alla base del grido futurista, che si solleva per il rinnovamento della società italiana e per la fine delle vecchie ideologie, affidandosi, quale arma di battaglia, proprio alle speciali modalità del Manifesto. Accanto a Marinetti compaiono ben presto Balla, Boccioni, Carrà, Severini e Russolo, che attribuiscono al movimento, originariamente concepito come letterario, una propria concreta fisionomia artistica. Tra il 1910 e il 1914 vedono la luce, solo per citare alcuni scritti fondamentali, il Manifesto dei pittori futuristi, il Manifesto dei musicisti futuristi, il Manifesto della scultura futurista e il Manifesto dell'architettura futurista. I proclami di Marinetti e compagni si susseguono con intensità crescente, fino a inondare con la tipica verve linguistica e lo spirito di pungente polemica ogni aspetto del vivere civile e ogni forma di espressione artistica. Dal romanzo al teatro, dalla poesia alla danza, dalla fotografia all'architettura, dal cinema alla moda, dalla radio al design, dalla politica al concetto di donna e a quello di amore, approdando, in un documento stilato a quattro mani da Balla e Depero, all'estrema ipotesi di una Ricostruzione Futurista dell'Universo. p.s.: il vero centenario TUTTO ITALIANO E NAZIONALE (ista) cade il 5 febbraio, infatti il manifesto futurista viene pubblicato il 5 febbraio 1909 sulle pagine del giornale bolognese "La Gazzetta Emiliana"
venerdì 20 febbraio 2009
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